Frammentazione e cooperazione comunale

L’individualismo amministrativo costruisce barriere verso la cooperazione funzionale non permettendo al territorio di crescere, così aumentano i “costi” della frammentazione.

di Giovanni Simonato

Il territorio italiano è affetto da un’endemica crisi non solo quantitativa ma anche dimensionale di enti comunali. Il problema della frammentazione comunale ha riguardato l’Europa intera e ancora oggi alcuni paesi ne sono gravati (Spagna, Francia, Italia, Rep. Ceca, Austria, Germania, per citarne alcuni). Già nel decennio passato, in Europa (in particolar modo nei paesi del Nord) si è sviluppata una tendenza di riordino territoriale che ha portato ad una drastica riduzione delle amministrazioni comunali ovviando così il problema al principio. Gli stati dell’Europa mediterranea, invece, non sono riusciti a procedere verso una linea così radicale, in particolar modo l’Italia che fino al 2010 è stato l’unico paese europeo che ha aumentato il numero degli enti comunali anziché ridurlo. Il territorio italiano oltre ad avere 8.057 unità comunali, il 70% di questi è di piccole dimensioni (fino a 5.000 abitanti) e di questi il 24,5% (1.382 comuni) sono definiti “Comuni polvere” (i quali hanno una soglia massima di abitanti pari o inferiore a 1.000).

L’elevata frammentazione produce di conseguenza una serie di conseguenze e di costi (evitabili). Infatti, le realtà comunali, chiuse in una morsa che va dalla crisi finanziaria alla spending rewiew, non riescono a provvedere ai bisogni e alle necessità dei cittadini, talvolta non riescono nemmeno a garantire gli standard qualitativi di vita raggiunti. Oltre all’incapacità di gestire i servizi ritenuti “scontati” vi è il problema dell’incapacità di erogarne di nuovi. La terza conseguenza, invece, riguarda l’aspetto dello sviluppo del territorio. Un comune, di piccole dimensioni con costi sempre più insostenibili e che fatica a erogare i servizi ai cittadini, come può permettersi di investire risorse al fine di contribuire allo sviluppo del suo territorio?

Questi costi e conseguenze sono condivise da tutti i paesi dell’Europa mediterranea come la Spagna con oltre 8.108 unità comunali e, in particolar modo, la Francia con i suoi 36.682 comuni, 95% dei quali di piccole dimensione mentre il 74% del totale sono “Comuni Polvere”. Tuttavia, un modo per risolvere le conseguenze prodotte dalla “polverizzazione” del territorio si concretizza nel sistema della network governance locale; un nuovo modello di organizzazione del territorio, delle relazioni, della gestione e dei processi decisionali, ma già sperimentato. Concretamente questo si realizza attraverso le reti intercomunali italiane (Unioni di Comuni), francesi (établissement public de cooperation intercommunal), spagnole (mancomunidades) e in altre forme in altri paesi europei. Sono tutte soluzioni simili dettate dalla logica della cooperazione e del fare rete dove la fiducia, l’interconnessione e la specializzazione sono i pilastri. Lo scopo di questo modello è quello dell’instaurazione di una fitta trama di relazioni tra soggetti pubblici e privati: rapporti interistituzionali, reti d’imprese che collaborano scambiandosi il know-how, accordi con il mondo universitario capace di offrire conoscenze e tecnologie sempre nuove e innovative. Un network di relazioni funzionali, flessibili e durature tra soggetti politici, istituzionali, economici, finanziari e professionali che permettono la crescita a lungo termine e l’aumento del livello di competitività territoriale. Queste reti intercomunali policentriche non permettono solamente la gestione associata dei servizi (in modo tale da ridurre i costi e realizzare economie di scala) ma rappresentano anche un’occasione per lo sviluppo di un territorio.

I dati statistici del 2015, dell’INSEE francese dimostrano che il 99,81% dei 36.682 comuni risulta essere inserito in una forma di cooperazione intercomunale (raccogliendo il 93,97% della popolazione totale), mentre l’Italia tra Unioni di Comuni e Comunità Montane raggruppa solo il 28,05% di comuni. Un enorme divario che penalizza la situazione italiana, causato da una politica quadro nazionale insufficiente, scarsa e debole e da una regolamentazione regionale diversificata e non sempre adeguata che per molti anni è stata incoerente con quella nazionale.

Attualmente con la “Riforma Del Rio” in vigore che obbliga la gestione associata per i piccoli comuni in una forma di cooperazione quale, l’Unione di Comuni o la Convenzione sembrerebbe avviare una nuova svolta nella cooperazione intercomunale. Bisognerà attenderne i risultati per vedere se realmente la riforma realizzerà una proliferazione di forme stabili di cooperazione secondo un modello di network governance locale policentrico.

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