Il fascismo come fantasma dell’identità nazionale

palazzo civitltà italiana

di Alberto Ghiraldo

Spesso ci si chiede perché in Italia non sia possibile un sano patriottismo, come avviene nella maggior parte dei paesi occidentali.  Un genuino sentimento nazionale, tale da non sfociare in estremismi, è una risorsa imprescindibile per un popolo, dinnanzi a ogni sfida, comprese quelle dello sviluppo e della crescita economica. Non voglio però soffermarmi sugli effetti, ma indagare le cause che rendono il nostro Paese così diverso.

Essenzialmente è la paura: paura del passato, del fascismo e del suo duce. » Read more

Non siamo (più) una realtà industrializzata dell’UE

di Giovanni Simonato

Quando si parla di Blue Banana ci si riferisce all’area economicamente più sviluppata e più importante d’Europa che per molti anni, grazie alla sua conformazione, ha assunto proprio la forma del frutto in questione.

Fino al 2013 quest’area collegava la zona della “Grande Londra”, il Benelux e la Baviera, terminando nel Nord Italia capitanato da Milano. Si può dire quindi che l’Italia avesse un enorme vantaggio grazie al“rapporto diretto” con la zona economicamente più sviluppata d’Europa. » Read more

Un nuovo futuro per la destra?

Di Luna Vergerio

Negli ultimi anni, l’idea di creare una “Nuova Destra” è stata oggetto di numerosissimi dibattiti, alla fine dei quali però non si è mai trovata una soluzione nuova e degna di nota. Probabilmente è proprio a causa di questa apparente poca volontà di creare un qualcosa di nuovo, che la destra italiana non riesce a formare un’alternativa valida che sia in grado di contrastare il renzismo e rispettare il suo passato.Proprio a proposito di questo tema, nell’ultimo periodo si è parlato e dibattuto molto sull’eventualità di riformare Alleanza Nazionale. A chi come me è nato negli anni novanta o più tardi, questo nome non dirà sicuramente niente, anzi probabilmente non farà altro che alimentare l’idea, un po’ scolastica, di una destra nostalgica e conservatrice. Quindi, che cos’era AN? Alleanza Nazionale nasce negli anni ’90 da esponenti del Movimento Sociale e altre componenti della destra conservatrice (come i liberali e i democristiani), con l’idea di non essere un partito tradizionale, ma di essere il partito «degli italiani», pronto, quindi, a dare una casa a coloro che non erano, o non si sentivano più, rappresentati dai partiti colpiti dagli scandali di tangentopoli.Così, per tutta la «seconda repubblica», Alleanza Nazionale governò costantemente a fianco di Forza Italia, portando avanti proposte simili, fino a quando l>e accelerazioni date dalla nascita del PD e la caduta del governo Prodi, portarono i due principali partiti del centro destra a fondersi nel PDL nel 2007. Se guardiamo al panorama politico nazionale di oggi, capiamo che effettivamente manca una destra in Italia. Manca quel partito in grado di opporsi alla sinistra su temi come il senso dello Stato e l’interesse nazionale in un’ottica europea, la libertà di impresa e la concorrenza in economia, la libertà di girare sicuri nelle nostre piazze. Le destre che oggi ci sono e si oppongono a questo governo, lo fanno per partito preso, senza offrire proposte e prospettive concrete. E allora che fare? Se da una parte è rinata Forza Italia, dall’altra parte tanti ex dirigenti di AN, hanno deciso di tentare la ricostruzione del partito che riuscì a dare tante soddisfazioni alla destra italiana. Così abbiamo assistito a numerosi tentativi come quello di costituire “next AN” nel 2013, oppure quello di utilizzare il simbolo con la fiamma da parte di FdI per le europee del 2014 o con il tentativo di rimettere nuovamente in cammino la fondazione in questo periodo. Proprio perchè manca una destra “come la vorremmo noi” quindi diversa da quelle pensate fino a oggi, che guardi al continente europeo come la propria casa, che riesca a tutelare le proprie imprese grazie alla qualità e non a superate tendenze protezionistiche, che investa sui giovani e che non si perda  dietro a inutili nostalgismi, dovremmo guardare attentamene a quello che succederà da qui al tre ottobre (data in cui si terrà un’assemblea degli iscritti alla fondazione AN).Una cosa comunque è certa: se la destra non si aprirà al nuovo, sarà una delle numerose rifondazioni italiane che, a causa di idee vecchie e di volti (troppo) noti, subirà una sconfitta politica ed elettorale come è già successo in passato.Se la destra non ascolterà i ventenni, assisteremo solo a deja-vu di storie viste e riviste.

La valorizzazione del patrimonio edilizio italiano

Area industriale dismessa

di Gianluca Scarpa e Matteo Zanellato

L’Italia è il paese che ha dato i natali a geni come Michelangelo e Palladio, che, nel corso della storia, hanno insegnato al mondo l’arte di progettare e costruire edifici.

Anche ai nostri giorni architetti italiani come Gae Aulenti e Renzo Piano, primeggiano nel mondo per creatività e per raffinatezza dei particolari.

Nonostante ciò, attualmente l’Italia non riesce ad esprimere un proprio stile caratteristico (che forse potrà essere riconosciuto in futuro), né riesce a porre in essere regole precise per la valorizzazione e l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente in Italia.

Questo secondo aspetto ha inevitabilmente gravi ripercussioni sia sotto l’aspetto sociale, che nel settore produttivo. Risulta pertanto necessario mettere in pratica un efficiente sistema normativo e di provvedimenti, coordinato fra i vari livelli amministrativi, che sia finalizzato principalmente ai seguenti obiettivi:

  1. Razionalizzazione della distribuzione dirisorse economiche e sociali per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale, costituito da edifici di pregio unici al mondo.
  2. Coordinamento effettivo su scala regionale della distribuzione delle zone territoriali omogenee, al fine di garantire un equilibrato sviluppo di ognuna di esse.
  3. Pianificazione mirata sul medio-lungo periodo per la riqualificazione o per la riconversione delle aree e dei fabbricati commerciali ed industriali che, purtroppo, sono o rimarranno dismessi in conseguenza della crisi economica tuttora in corso.

Andiamo ora a vedere più nel dettaglio ognuno degli aspetti appena elencati.

Distribuzione delle risorse per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale

L’Italia ha un patrimonio edilizio ed architettonico immenso, del quale ogni italiano dovrebbe andarne fiero.

Contemporaneamente però ogni cittadino deve avere coscienza che la valorizzazione di tali beni deve essere il compito di ogni italiano, proporzionalmente alle capacità di ciascuno.

Risulta chiaro che, specialmente nel periodo attuale, è impossibile che le pubbliche amministrazioni riescano a sostenerel’onere della  manutenzione e della rivalutazione di ogni singolo manufatto che abbia un certo pregio sotto l’aspetto storico ed ambientale.

E’ quindi indispensabile definire chiaramente quali siano le opere emergenti, per le quali le amministrazioni possano garantire la necessaria custodia, partendo ovviamente da quelle di pregio maggiore, e demandando a privati la fruibilità delle rimanenti opere di valore storico. In questo secondo caso, però, risulta necessario, per non correre il rischio che i beni storico-artistici rimangano comunque in stato di abbandono, consentirne un uso che possa garantire un autofinanziamento delle opere pur nel rispetto delle originarie funzioni e delle strutture caratteristiche del manufatto.

Coordinamento su scala regionale della distribuzione delle zone territoriali omogenee

Attualmente le Regioni, oltre al compito di redigere i piani urbanistici ed ambientali di indirizzo, hanno il potere di approvare o meno i piani urbanistici su scala comunale.

E’ sotto gli occhi di tutti che tale coordinamento si limita quasi esclusivamente al rispetto delle formalità burocratiche e all’acquisizione dei diversi pareri degli enti competenti in materia. Spesso accade che aree con la medesima destinazione d’uso si trovino a una distanza tale da renderle obbligatoriamente concorrenziali, questo vale specialmente per le aree commerciali e a sviluppo industriale.

Tale situazione può dare al cittadino, in via del tutto teorica,  i vantaggi derivanti dalla molteplicità dell’offerta ma, in realtà,la concorrenza fra aree limitrofe ha spesso portato alla prevaricazione dell’una sull’altra, se non addirittura al dissesto di entrambe le aree per il mancato raggiungimento dei target economico-produttivi minimi necessari alla loro sopravvivenza.

E’ auspicabile perciò che sia possibile una concreta pianificazione su ampia scala, che consenta di evitare situazioni conflittuali, conferendo anche all’ente la possibilità di effettuare con procedure snelle le necessarie correzioni di indirizzo ai piani già in essere. Questa pianificazione dovrebbe avvenire superando gli attuali confini amministrativi comunali e provinciali, rispondendo alle vere esigenze dei territori.

In questo modo le aree da «concorrenziali» passerebbero a «complementari», creando una situazione di win-win tra tutti gli operatori industriali, favoriti a creare rete tra le varie imprese.

Pianificazione mirata delle aree commerciali ed industriali dismesse

I mutamenti della società e dell’economia intercorsi negli ultimi 20 anni hanno portato ad un netto cambiamento delle procedure produttive e logistiche. Di conseguenza, dove non è stato possibile adeguare le strutture e le infrastrutture alle nuove esigenze, si è reso necessario abbandonare il sito (spesso senza demolire le opere esistenti).

Bisognerebbe pianificare fin da ora le destinazioni possibili per le aree attualmente dismesse, indipendentemente dalla possibilità di realizzare in tempi brevi le previsioni del piano, basandosi su esperienze relativamente recenti – anno ‘90 – di riqualificazione e riconversione delle grandi aree industriali.

Rimane aperta, e dovrà essere oggetto di confronto, la questione spinosa della bonifica e riconversione delle aree che ancora oggi risultano inquinate a causa di attività industriali pre-esistenti, trovando un equilibrio economico-finanziario fra pubblico e privato, senza per questo tralasciare l’aspetto sociale, che consenta di rendere realizzabili le attività di bonifica. In questo modo si potrebbe garantire da un lato la salvaguardia dell’ambiente e dall’altro non aggiungere ulteriori aggravi alle imprese che volessero investire su tali siti.

 

 

 

 

 

Contro gli aumenti, contro gli sprechi:la posizione del comitato di Salzano

In seguito agli aumenti delle tariffe Actv nelle tratte extraurbane, entrati in vigore dal 1° luglio 2015, alcuni comitati delle stesse zone – nello specifico quelli di Salzano, della Riviera del Brenta, Martellago, Camponogara, e Cavallino Treporti – hanno deciso di riunirsi per far sentire il proprio dissenso arrivando anche a presentare un ricorso al TAR di concerto con il Sindaco del comune di Cavallino.

Il 9 luglio 2015 si è tenuta una conferenza stampa per riunire le voci dei vari comuni, pronti a farsi ricevere dal sindaco della Città Metropolitana.

Di seguito riportiamo l’intervento di Luna Vergerio, esponente di Direzione Europa e membro del Comitato di Salzano, in merito alle problematiche riscontrate dai cittadini del Comune.

“Buongiorno a tutti, sono Luna Vergerio, coordinatrice del comitato di Salzano.

Spesso si accusano comitati come il nostro di richiedere solo aumenti della spesa, tralasciando i criteri di economicità dell’azienda. Ecco perché vorrei chiarire da subito una cosa: il nostro comitato non ha intenzione di chiedere nessun tipo di aumento delle spese, né da parte di ACTV, né da parte delle amministrazioni comunali; la nostra, piuttosto, è una richiesta di riorganizzare al meglio il servizio, nell’ottica della nascente Città Metropolitana.

Partiamo dai problemi di Salzano, che sono numerosi e causati soprattutto dall’isolamento che il nostro paese subisce anche per questioni logistiche.

Mentre Robegano è servita dalle tratte Noale-Venezia, il capoluogo è dimenticato. Da Salzano è possibile andare solo verso Mirano, Noale o Venezia e le corse per tratta sono insufficienti. Parlando con gli utenti salzanesi non ci si può quindi stupire se il più delle volte la risposta alla domanda “Come definiresti la tua esperienza con ACTV?” sia “Disastrosa”. Le famiglie sono costrette a mettere a disposizione una macchina per i figli che vanno a scuola, visto che dalle 7:20 alle 7:40 (orario di punta per gli studenti) gli autobus a disposizione sono sempre pieni con molti utenti costretti a rimanere a terra e ad aspettare la corsa successiva.

Dal punto di vista economico, è poco sostenibile una spesa di 370 € annuali o di 50 € per 24 corse per percorrere qualche chilometro, soprattutto sapendo che prima o poi le tariffe aumenteranno. Considerando poi che il costo di un abbonamento mensile, per qualsiasi tratta su ruota o acquea all’interno del comune di Venezia , è di 37 euro è ovvio che gli abitanti del Comune di Salzano e dintorni, si sentano dei cittadini di “serie B”.

Se stessimo parlando di un servizio puntuale ed efficiente, gli utenti potrebbero anche essere disposti a sostenere le alte tariffe proposte da ACTV, ma è evidente che il servizio lasci alquanto a desiderare. Non tutti gli autobus che passano per Salzano, effettuano le fermate presenti nel territorio: la fermata davanti alla farmacia, per esempio, è quella meno utilizzata e non perché non ci siano persone in quella zona, ma perché gli autobus che fermano lì sono rarissimi.

Gli orari effettivi dei passaggi dei pullman non corrispondono con quelli segnalati sulle tabelle orarie e in internet, creando dei disagi per studenti e lavoratori che vorrebbero utilizzare il servizio.

Si pensi anche al servizio di trasporto verso l’ospedale di Mirano: gli orari delle corse non coincidono con quelli delle visite e degli appuntamenti stabiliti dall’ospedale.

La nostra non vuole essere una polemica fine a se stessa, crediamo infatti di avere diverse proposte per cercare di migliorare il servizio.

Pensando sempre al servizio di trasporto verso l’ospedale di Mirano basterebbe semplicemente cambiare gli orari delle corse senza dover necessariamente aumentarne il numero.

 

Anni fa si parlava di mobilità orizzontale per indicare il trasporto dei cittadini da Salzano e da Robegano verso la stazione ferroviaria e viceversa. Perché non eliminare tutte le tratte verso Mestre sostituendole con delle navette che fanno il servizio Salzano-stazione e Robegano-stazione? Qual è il livello di sinergia tra Trenitalia e ACTV? Si potrebbero risparmiare soldi e si potrebbe inquinare meno con una maggiore collaborazione tra le due aziende.

 

Infine, come hanno già detto altri comitati, perchè non è possibile fare degli abbonamenti chilometrici o delle tratte sostituibili a parità di chilometraggio?

Luca Scalabrin, presidente di ACTV, ha dichiarato che gli aumenti della zona extraurbana servono per pagare i buchi di bilancio del comune di Venezia, scaricando di fatto le responsabilità sull’assessore alla mobilità del Comune per quanto riguarda tariffe e tratte. Ma allora che ruolo ha il Presidente dell’ACTV? Non dovrebbe ad esempio rendere competitiva l’Azienda sia per gli utenti veneziani, che per i nuovi cittadini metropolitani anche a costo di andare contro gli azionisti?

A questo punto dobbiamo sperare che il nuovo sindaco di Venezia, che sarà sindaco della Città Metropolitana di cui Salzano fa parte, voglia rappresentare tutti i cittadini e non solo quelli che hanno avuto il diritto di eleggerlo. Altrimenti resterebbe soltanto un soluzione: tornare ad andare a lavoro in bici come si faceva negli anni ‘50..

Il nostro dubbio è che l’azienda ACTV non sia competitiva sul mercato. È creando continui disservizi che si tutelano i cittadini-utenti e il servizio di trasporto pubblico? A Salzano il servizio di trasporto pubblico viene usato sempre meno. Se la politica e la direzione di ACTV, non si rendono conto che così com’è strutturata l’Azienda non può funzionare, è logico pensare anche alla più estrema delle possibilità: affidare ai privati il servizio di trasporto pubblico. Forse, grazie alla concorrenza, il servizio verrebbe migliorato e nessuno dovrebbe pagare i debiti altrui.”

Brugnaro: La destra che vince fingendosi “non-destra”

di Umberto Stentella

Alla fine Luigi Brugnaro ce l’ha fatta, lo scorso 14 Giugno è riuscito ad interrompere 20 anni di governo della sinistra diventando il nuovo sindaco di Venezia.

Ma ancora più lodevole è riuscito a compiere un autentico miracolo ridando fiducia nella politica locale alla cittadinanza e riempendo una Piazza Ferretto che così piena non la si era davvero mai vista da tanto, troppo tempo. » Read more

Whatever it takes – Tutto il necessario (per salvare l’UE)

di Matteo Gaspari

“The ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough” con queste parole Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, ha voluto mandare un segnale e un avvertimento ai mercati. Era il 26 luglio 2012, lo spread italiano a inizio seduta viaggiava attorno ai 520 punti base. Sono bastate poche parole del presidente della BCE per far scendere lo spread a 473 punti e per far guadagnare alla borsa il 5,62%.  » Read more

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