La valorizzazione del patrimonio edilizio italiano

Area industriale dismessa

di Gianluca Scarpa e Matteo Zanellato

L’Italia è il paese che ha dato i natali a geni come Michelangelo e Palladio, che, nel corso della storia, hanno insegnato al mondo l’arte di progettare e costruire edifici.

Anche ai nostri giorni architetti italiani come Gae Aulenti e Renzo Piano, primeggiano nel mondo per creatività e per raffinatezza dei particolari.

Nonostante ciò, attualmente l’Italia non riesce ad esprimere un proprio stile caratteristico (che forse potrà essere riconosciuto in futuro), né riesce a porre in essere regole precise per la valorizzazione e l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente in Italia.

Questo secondo aspetto ha inevitabilmente gravi ripercussioni sia sotto l’aspetto sociale, che nel settore produttivo. Risulta pertanto necessario mettere in pratica un efficiente sistema normativo e di provvedimenti, coordinato fra i vari livelli amministrativi, che sia finalizzato principalmente ai seguenti obiettivi:

  1. Razionalizzazione della distribuzione dirisorse economiche e sociali per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale, costituito da edifici di pregio unici al mondo.
  2. Coordinamento effettivo su scala regionale della distribuzione delle zone territoriali omogenee, al fine di garantire un equilibrato sviluppo di ognuna di esse.
  3. Pianificazione mirata sul medio-lungo periodo per la riqualificazione o per la riconversione delle aree e dei fabbricati commerciali ed industriali che, purtroppo, sono o rimarranno dismessi in conseguenza della crisi economica tuttora in corso.

Andiamo ora a vedere più nel dettaglio ognuno degli aspetti appena elencati.

Distribuzione delle risorse per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale

L’Italia ha un patrimonio edilizio ed architettonico immenso, del quale ogni italiano dovrebbe andarne fiero.

Contemporaneamente però ogni cittadino deve avere coscienza che la valorizzazione di tali beni deve essere il compito di ogni italiano, proporzionalmente alle capacità di ciascuno.

Risulta chiaro che, specialmente nel periodo attuale, è impossibile che le pubbliche amministrazioni riescano a sostenerel’onere della  manutenzione e della rivalutazione di ogni singolo manufatto che abbia un certo pregio sotto l’aspetto storico ed ambientale.

E’ quindi indispensabile definire chiaramente quali siano le opere emergenti, per le quali le amministrazioni possano garantire la necessaria custodia, partendo ovviamente da quelle di pregio maggiore, e demandando a privati la fruibilità delle rimanenti opere di valore storico. In questo secondo caso, però, risulta necessario, per non correre il rischio che i beni storico-artistici rimangano comunque in stato di abbandono, consentirne un uso che possa garantire un autofinanziamento delle opere pur nel rispetto delle originarie funzioni e delle strutture caratteristiche del manufatto.

Coordinamento su scala regionale della distribuzione delle zone territoriali omogenee

Attualmente le Regioni, oltre al compito di redigere i piani urbanistici ed ambientali di indirizzo, hanno il potere di approvare o meno i piani urbanistici su scala comunale.

E’ sotto gli occhi di tutti che tale coordinamento si limita quasi esclusivamente al rispetto delle formalità burocratiche e all’acquisizione dei diversi pareri degli enti competenti in materia. Spesso accade che aree con la medesima destinazione d’uso si trovino a una distanza tale da renderle obbligatoriamente concorrenziali, questo vale specialmente per le aree commerciali e a sviluppo industriale.

Tale situazione può dare al cittadino, in via del tutto teorica,  i vantaggi derivanti dalla molteplicità dell’offerta ma, in realtà,la concorrenza fra aree limitrofe ha spesso portato alla prevaricazione dell’una sull’altra, se non addirittura al dissesto di entrambe le aree per il mancato raggiungimento dei target economico-produttivi minimi necessari alla loro sopravvivenza.

E’ auspicabile perciò che sia possibile una concreta pianificazione su ampia scala, che consenta di evitare situazioni conflittuali, conferendo anche all’ente la possibilità di effettuare con procedure snelle le necessarie correzioni di indirizzo ai piani già in essere. Questa pianificazione dovrebbe avvenire superando gli attuali confini amministrativi comunali e provinciali, rispondendo alle vere esigenze dei territori.

In questo modo le aree da «concorrenziali» passerebbero a «complementari», creando una situazione di win-win tra tutti gli operatori industriali, favoriti a creare rete tra le varie imprese.

Pianificazione mirata delle aree commerciali ed industriali dismesse

I mutamenti della società e dell’economia intercorsi negli ultimi 20 anni hanno portato ad un netto cambiamento delle procedure produttive e logistiche. Di conseguenza, dove non è stato possibile adeguare le strutture e le infrastrutture alle nuove esigenze, si è reso necessario abbandonare il sito (spesso senza demolire le opere esistenti).

Bisognerebbe pianificare fin da ora le destinazioni possibili per le aree attualmente dismesse, indipendentemente dalla possibilità di realizzare in tempi brevi le previsioni del piano, basandosi su esperienze relativamente recenti – anno ‘90 – di riqualificazione e riconversione delle grandi aree industriali.

Rimane aperta, e dovrà essere oggetto di confronto, la questione spinosa della bonifica e riconversione delle aree che ancora oggi risultano inquinate a causa di attività industriali pre-esistenti, trovando un equilibrio economico-finanziario fra pubblico e privato, senza per questo tralasciare l’aspetto sociale, che consenta di rendere realizzabili le attività di bonifica. In questo modo si potrebbe garantire da un lato la salvaguardia dell’ambiente e dall’altro non aggiungere ulteriori aggravi alle imprese che volessero investire su tali siti.