La competitività delle regioni italiane e la situazione italiana

di Giovanni Simonato

All’interno di un mondo sempre più interconnesso dal processo di globalizzazione appare necessario capire come i vari territori di uno Stato si pongono di fronte alle sfide di questo processo. Nel 2013 la Commissione Europea ha effettuato uno studio sul Regional Competitiveness Index, oltre a evidenziare il superamento della dimensione nazionale e, quindi quella dello Stato-piramidale, ha permesso di donare un contributo rilevante alla valutazione delle regioni degli Stati Membri. L’indice calcolato nello studio è la competitività, la quale viene definita come “l’abilità di offrire un ambiente attrattivo e sostenibile sia alle imprese sia ai residenti per vivere e lavorare” (L. Dijkstra).

L’indice è realizzato attraverso la ponderazione di settantatre indicatori che spaziano dal carattere sociale a quello economico, da quello istituzionale a quello politico. I dati del Joint Resarche Centre della Commissione Europea sono chiari. L’unica regione italiana il cui valore di competitività oscilla intorno alla media europea con segno positivo risulta essere la Lombardia grazie a Milano, la quale si colloca al 128° posto su 262. Rispetto al precedente indice di competitività del 2010, Milano rientrava nella top cento mentre nel RCI 2013 ne risulta esclusa, tuttavia la situazione milanese risulterà sicuramente migliorata in seguito all’EXPO. Per capire la portata (regionale e nazionale) di questo beneficio bisognerà attendere il prossimo rapporto. Per quanto riguarda tutte le altre regioni italiane, si classificano con valore negativo raggiungendo anche la 235° posizione (Sicilia).

Di seguito, si analizzano due punti critici. Il primo riguarda un indicatore a carattere politico che permette d’individuare la trasparenza del processo di policy-making del governo. Il dato più basso è stato riscontrato proprio in Italia!

Il secondo, è dato dal “livello tecnologico” con il quale le regioni si collocano dal 180° posto (Provincia Autonoma di Trento) fino al 245° (Puglia) mentre, secondo la media nazionale, l’Italia si colloca al 26° posto su 28 Stati membri, superando solo Romania e Bulgaria.

Ovviamente le regioni italiane presentano anche valori alquanto positivi su numerosi aspetti come la salute, le infrastrutture, e la complessità del mercato.

Questo studio consente di mettere il luce la diversità regionale e, quindi, la dimensione territoriale e non quella nazionale della competitività. Inoltre, se si guarda al caso italiano rispetto alle regioni più competitive d’Europa, localizzate nella Germania e nei paesi nordici, si può notare la distanza e la difficoltà di stare al passo con queste regioni considerate competitive non solo a livello europeo ma anche globale. Il modello che si sta sviluppando è quello a rete, dove non vi è un solo centro riconosciuto in un vertice ma molteplici centri individuati come “nodi”. Nodi costituiti da comuni, da città metropolitane, da capitali e da aree vaste. Un sistema di network governance, tuttavia ancora poco approfondito nel territorio italiano, dove è indispensabile una migliore cooperazione tra enti pubblici di primo e secondo grado, coadiuvata da una razionalizzazione dei livelli degli enti pubblici eliminando quelli inefficienti.

 

(immagine tratta da www.lindipendenzanuova.com)

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